
SEO, AEO E GEO: COME SI ENTRA DAVVERO NELLE RISPOSTE DELL’AI
Un’intervista a Matteo Ferrari, Chief Marketing Solutions Officer, e Damiano Antonelli, Chief Creative Officer
La ricerca online non assomiglia più a quella di qualche anno fa.
Non è più una pagina piena di link blu: oggi è una conversazione.
Con l’arrivo dei Large Language Model, di Google AI Mode e dei nuovi formati generativi come AI Overviews e Web Guide, i brand non devono solo “posizionarsi”, ma devono farsi scegliere. Devono diventare quella fonte che l’AI cita spontaneamente quando costruisce una risposta.
Per capire come sta cambiando la search e cosa significa davvero ottimizzare per questa nuova era, abbiamo parlato con Matteo Ferrari e Damiano Antonelli.
La search sta cambiando davvero o è solo l’ennesima evoluzione?
Matteo Ferrari non ha dubbi: non è un semplice aggiornamento, ma un cambio profondo.
“Per anni la SEO è stata una gara al ranking: keyword, link, performance. Oggi il traguardo non è più essere primi, ma essere dentro la risposta.”
Con i contenuti generativi il concetto di SERP come l’abbiamo conosciuta non regge più.
Non si compete per la posizione, ma per essere riconosciuti come una fonte affidabile della sintesi dell’AI.
Se un contenuto non è chiaro, non è coerente o non è “citabile”, l’AI non lo usa.
E se non lo usa… è come se non esistesse.
Dal punto di vista creativo, cosa cambia?
Cambia tutto: cambia il modo di scrivere, di progettare e persino di pensare un contenuto.
Come spiega Damiano Antonelli:
“Non scriviamo più solo per coinvolgere le persone. Scriviamo anche affinché una macchina possa interpretarci correttamente e parlare al nostro posto.”
La creatività non scompare, ma si trasforma.
Serve più precisione, più ordine, più verificabilità.
Un contenuto vago o non contestualizzato rischia di non essere selezionato dagli LLM e, in uno scenario in cui la risposta generata conta più del ranking, questo fa la differenza.
AEO e GEO: evoluzioni della SEO o discipline nuove?
La SEO resta la base. Nessun dubbio.
Ma oggi non basta più.
Ferrari riassume così:
SEO → fa trovare
AEO (Answer Engine Optimization) → fa rispondere
GEO (Generative Engine Optimization) → fa raccontare
La GEO è la frontiera più avanzata: significa progettare contenuti, dati e struttura in modo che l’AI voglia includere il brand nella propria narrazione.
Essere “citabili” è la nuova metrica di successo?
Secondo entrambi, sì. E conta più del traffico in sé.
Gli LLM lavorano per retrieval → ranking → sintesi.
Non servono dieci posizioni: ne basta una, dentro la risposta.
L’AI privilegia contenuti:
chiari
modulari
ricchi di dati verificabili
allineati ad altre fonti autorevoli
Ferrari lo spiega con un’immagine efficace:
“Se una frase può essere estratta e restare vera anche fuori contesto, allora è un ottimo candidato per entrare in una risposta AI.”
Cosa significa questo per il customer journey?
Il journey sta cambiando tanto quanto la search.
“Stiamo passando dal B2C al B2AI,” osserva Ferrari.
Sempre più utenti delegano agli assistenti la fase di scoperta, confronto e selezione.
I brand entrano in gioco molto più tardi, quando l’utente ha già una shortlist costruita dalla macchina.
È qui che Antonelli introduce un concetto chiave:
“Il contenuto diventa una valuta di fiducia. Più sei chiaro, coerente e affidabile, più l’AI si fida di te.”
I dati confermano questo cambiamento?
Sì, e in modo sorprendente.
Il traffico che arriva dalle AI è ancora contenuto, ma ha prestazioni altissime:
più pagine viste
bounce rate più basso
conversioni più alte
L’utente arriva già “educato” dall’AI.
Il sito non è più solo uno spazio di scoperta, ma un luogo di validazione finale.
Che ruolo hanno dati strutturati e feed di prodotto?
Un ruolo centrale.
I feed sono il linguaggio con cui i brand parlano agli algoritmi.
E in questo linguaggio, un errore può costare caro.
“Un attributo scritto male può far sparire un prodotto da una raccomandazione AI,” ricorda Ferrari.
Schema.org, coerenza cross-canale e aggiornamenti costanti non sono dettagli tecnici: sono leve strategiche di visibilità.
E la creatività? Dove trova spazio in un mondo così “razionale”?
La creatività non scompare, cambia forma.
“Sui social resta emozionale, identitaria e coinvolgente. Per gli LLM diventa semantica e precisa,” afferma Antonelli.
È una doppia grammatica:
storytelling per le persone
chiarezza e completezza per le macchine
I brand migliori sapranno parlare entrambe le lingue.
E i social? Che ruolo hanno nella GEO?
Un ruolo enorme.
Fonti come YouTube, Reddit e Instagram vengono già utilizzate dai modelli.
Non esiste più la distinzione netta tra contenuto SEO e contenuto social: tutto è potenzialmente indicizzabile, interpretabile, riusabile.
Ferrari lo sintetizza bene:
“Ogni contenuto è un possibile segnale per l’AI.”
Cosa devono fare i brand per non restare indietro?
Il primo passo è cambiare prospettiva.
“Bisogna smettere di pensare al contenuto come output. Il contenuto è infrastruttura, è ecosistema,” afferma Antonelli.
Contenuti modulari, dati accessibili, coerenza e apertura diventano elementi centrali.
E le partnership con le piattaforme AI smettono di essere PR: diventano parte del processo decisionale.
La sfida dei prossimi anni, in una frase
Ferrari:
“Non farsi trovare, ma farsi selezionare.”
Antonelli:
“Diventare la scelta logica dell’AI, prima ancora che dell’utente.”
Conclusione
La SEO non è morta. Ha solo cambiato voce.
È diventata conversazionale, generativa, selettiva.
E in un mondo in cui l’AI decide cosa mostrare, a vincere non sarà chi urla più forte, ma chi saprà essere più chiaro, più coerente, più utile.
I brand che costruiranno contenuti leggibili e affidabili saranno quelli che l’AI sceglierà di citare e, di conseguenza, quelli che entreranno davvero nelle risposte del futuro.
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